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[Arte contemporanea] Jan Fabre a Napoli e Polignano

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Messaggio  Fax AdM Lun Dic 22, 2008 12:33 pm

Il profilo è sempre lo stesso, i capelli morbidi e alti sulla fronte sono tirati indietro, la tensione dello sguardo diventa un gioco di seduzione, le pose sconfinano nell'enigma più puro. Jan Fabre, classe '58, il performer belga che ha inquietato il mondo con le sue sculture di coleotteri essiccati, è il più arguto e instancabile artista autoreferenziale (tanto che oramai la sua fisionomia è diventata famosa come cifra stilistica della sua arte, un po' come il caschetto scapigliato di Andy Warhol), immortalando sempre se stesso in sculture di bronzo a grandezza naturale ritraendosi in azioni misteriose e poetiche, ipnotiche e meditative. Assolutamente sorprendenti. E cinque sue opere d'intrigante fascino scendono in piazza del Plebiscito nel progetto espositivo "Il Ragazzo con la luna e le stelle sulla testa" a cura di Eduardo Cicelyn e Mario Codognato in scena dal 20 dicembre al 18 gennaio, appuntamento istituzionale con l'arte contemporanea che giunge alla sua quattordicesima edizione.

Dopo la trionfale mostra al Louvre di Parigi, Jan Fabre sbarca a Napoli con una piccola grande selezione di lavori che condensano la sua raffinata ricerca estetica performativa-concettuale filtrata di intimistica euforia surrealista. Ecco sfilare i suoi suggestivi e torbidi uomini che "fanno cose". L'Homme qui donne du feu (1999), L'Homme qui mèsure les nuages (1998), L'Homme qui pleure et rit (2005), L'Astronaute qui dirige la mer (2006), L'Homme qui écrit sûr l'eau (2006), uomini che accendono una fiamma e la proteggono dal vento alzando il cappotto fin sopra la testa, quasi a invitare lo spettatore ad una relazione confidenziale con la sua anima, a quasi ad offrire al pubblico uno sguardo sull'universo della sua intimità. Uomini che guardano al cielo e tentano di misurare le nuvole con un righello, un'apertura mistica e coraggiosa all'impalpabile e indecifrabile cosmo. Uomini che piangono e ridono in un volto straziato dai sentimenti, a segnare i vertici dell'emotività naturale, che segnano le fasi cicliche della vita e della morte. Uomini che immersi in una vasca scrivono sull'acqua o che partono alla conquista del mare.

Uomini, non altri che Jan Fabre in una virtuosa performance plastica, che appaiono cadenzati, secondo una coreografia studiata al millimetro da parte dell'artista tra il monumentale emiciclo della piazza, uno dei terrazzi di Palazzo Reale ed il colonnato della chiesa di San Francesco di Paola. "Lo spazio cittadino - dicono i curatori - si trasforma così in un grande palcoscenico dove ogni scultura - personaggio, sapientemente posizionata è chiamata ad interpretare un ruolo proprio in relazione all'immaginario di Napoli, come le statue dorate che adornano i tetti dei palazzi civici nelle piazze delle città fiamminghe o come quelle simulate dagli attori di strada che impongono la loro immobile presenza nelle vie dei centri cittadini di tutta Europa, mescolandosi alla folla dei turisti e dei passanti". Ogni singola scultura traccia una parabola intima e fisica allo stesso tempo dell'artista e la posizione nello spazio diventa piccolo grande palcoscenico di una mise en espace personale.

Jan Fabre, nato ad Anversa, debutta nel '76 come performer e ha mantenuto questa tensione per la teatralità dinamica in ogni sua incursione artistica, anche nella scultura, che non è mai fine a se stessa in una concezione plastica ma cerca l'appagamento in una ricerca che dilata i confini. D'altronde Fabre è un sapiente utilizzatore delle potenzialità del teatro, per il quale si cimenta in performance di regista, coreografo, scenografo, costumista, ideatore di luci, librettista, poeta, scrittore. Ma è anche disegnatore, scultore, drammaturgo. Jan Fabre è, dunque, l'artista "totale" per antonomasia. Le sue creazioni ruotano intorno all'idea di mutamento, di trasformazione, metamorfosi e dello scambio tra elementi della percezione sensoriale e quelli spirituali e rimandano a temi presenti in molte espressioni artistiche nord europee. La sua è una versione contemporanea di uno spirito nordico che riporta a Bosch, Van Eyck, Bruegel e nella quale confluiscono filosofia, religione, scienza e arte. Soprattutto la scienza. Nipote dell'entomologo Jean-Henri Fabre, Jan Fabre è il "geniale" utilizzatore di carapaci di coleotteri, piccole creature essiccate, forti del loro involucro cangiante e multicolore, che assurgono ad espressione cromatica e vitale di un messaggio simbolico.

Spesso sono verdi i suoi coleotteri. "Il verde ha un significato ben preciso rapportato all'animale - spiega l'artista. "Il verde fa contrasto con il rosso del sangue (con cui a volte esegue disegni, ndr.). L'animale verde esprime tutta l'energia positiva dell'uomo e della vita, è una breccia potente contro la morte, esprime una via di salvezza. Ed è, questa, una simbologia molto vicina a quella che la cultura fiamminga sfruttava nei confronti dello scarabeo". Fabre ordina confezioni di coleotteri già morti all'estero in base alle sue necessità, commissionando taglia e colore. Gli animali vengono coltivati ed essiccati nelle colonie e poi venduti. Ed è con queste teatrali costruzioni plastiche che colpisce, più che altro fu uno shock, le Biennali di Venezia e Documenta di Kassel, divenendo una delle figure più gettonate nelle maggiori rassegne artistiche e nei più importanti musei del mondo.

Notizie utili - "Il Ragazzo con la luna e le stelle sulla testa di Jan Fabre", dal 20 dicembre al 18 gennaio. Progetto per Piazza Plebiscito, Napoli.

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(fonte: Repubblica.it)
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Messaggio  Fax AdM Lun Dic 22, 2008 12:39 pm

Intanto presso il Palazzo Pino Pascali di Polignano a Mare è in corso una mostra di alcune sue opere, tra cui due delle sue famose composizioni di coleotteri (davvero allucinante vederle da vicino!!!)

La mostra rimarrà aperta sino al 18 gennaio 2008
Orari: da mercoledì a sabato 17,30 - 20,30; domenica 11,00 - 13,00 e 17,30 - 20,30

Qui di seguito alcune delle opere esposte presso il Palazzo Pino Pascali (anche se le foto non rendono...)

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